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“The store is dead. Long live the store.” Chiuso un negozio se ne apre un altro. Perché questo mantra, utilizzato nei contesti più disparati, non può essere applicato al settore della vendita al dettaglio?
Perché quella del retail è stata considerata e definita a più riprese come un’apocalisse, come se si stesse scrivendo la parola Design “fine” su una parabola durata centinaia di anni ed oramai destinata ad una veloce e tragica conclusione? Perché il futuro immaginato da molti è un futuro in cui gli acquisti avvengono solamente attraverso 2022 la mediazione di uno schermo, mentre le vetrine dei negozi si svuotano progressivamente di merci e colori.Questa tesi parla di esperienze e di sorprese. Parla del perchè per molte persone frequentare un negozio è diventato un atto noioso, del perchè i carrelli di Amazon continuino sempre più ad ingrandirsi e le casse dei punti vendita a svuotarsi. Lo fa tracciando un breve ritratto di quel fenomeno che da anni viene definito come “Retail Apocalypse” e di come questo s’incastri in un’altra rivoluzione che ha colpito il mercato: la transizione verso l’Experience Economy.Questa tesi racchiude molte storie che vale la pena vengano raccontate. Esse rappresentano la prova reale e tangibile che un nuovo modello di negozio fisico non sia solo possibile, ma anche realizzabile. Confrontano molti degli assunti che da tempo governano le strategie dei retailer con le rivoluzioni, tecnologiche e non, che hanno investito il settore. La centralità dell’inventario e del prodotto, la scarsità di alternative, il customer journey lineare. Lo fanno spingendo verso una nuova forma di competizione con i giganti del commercio online, in cui i retailer si focalizzano su ciò che rende davvero speciale il negoizo fisico: toccare con mano i prodotti, interagire con il personale, immergersi in ambienti affascinanti ed immaginifici.
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